[Testo]
καὶ Μένανδρος δ’ ἐν Κιθαριστῇ περί τινος μουσικευομένου λέγων φησί φιλόμουσον εἶναι αὐτὸν
[ ] πάνυ
ἀκούσματ’ εἰς τρυφήν τε παιδεύεσθ’ ἀεί.
[Metrica]
Trimetri giambici
[Apparato critico]
1 εἶναι codd. : εἶν’ Schweighäuser de trimetro <U-U-> φιλόμουσον εἶν’ αὐτὸν πάνυ cogitans, probb. Kaibel, Richards, Olson | post εἶναι <κἀγαπᾶν> e.g. Sandbach, <θαυμάσαντ’> Austin, ad trimetrum efficiendum | πάνυ ΑΒΜ : ἐκ πάνυ P || 2 ἀκούσματ’ AB : ἀκούσματα MP, ἠκούσατ’ Kaibel, ἀκούομεν Wilamowitz ap. eundem, τἀκούσματ’ (vel fort. τἀκούσματα v. 1 ad complendum) Richards (cf. Richards 1909) | ἀεί BMP : αἰεί A.
[Traduzione]
E Menandro nel Citarista, parlando di uno che pratica la musica, dice che egli sia un amante delle Muse
… del tutto
e che sempre istruisca musicisti per la mollezza.
[Commento]
La ricostruzione del testo menandreo alla base del passo dei Deipnosophistai è particolarmente problematica. Innanzitutto, diversamente da quanto normalmente accade in Ateneo, la citazione non ha una struttura sintattica autonoma dalla cornice narrativa: alla luce di questo, sia Meineke che Kock hanno ritenuto che Ateneo non stia qui citando, ma piuttosto parafrasando il testo menandreo e hanno proposto di ricostruire un originale distico φιλόμουσός ἐστι γὰρ πάνυ / ἀκούσματ’ εἰς τρυφὴν τ’ ἀεὶ παιδεύεται (FCG IV) oppure φιλόμουσός ἐστι γὰρ πάνυ / παιδεύεται τ’ ἀκούσματʼ εἰς τρυφήν ἀεί (CAF II). Come è stato rilevato nelle edizioni più recenti, tuttavia, il testo della tradizione manoscritta di Ateneo, almeno nella sezione ἀκούσματ’-ἀεί, restituisce un perfetto trimetro giambico: è possibile, dunque, che la forma infinitiva appartenesse già al testo menandreo, in cui l’infinito doveva essere retto da un verbo che è stato sostituito da φησί in Ateneo. Non così per il testo che precede ἀκούσματα, che non può essere ricondotto, così come è trasmesso, a un trimetro giambico. Il problema non è banalmente la mancanza di alcune sillabe, ma la loro successione, che risulta ametrica. La forma εἶναι, inoltre, sembra produrre uno iato davanti a αὐτόν, laddove non si hanno paralleli in Menandro né per ipotizzare una correptio in iato né per proporre l’elisione dell’infinito. Alla luce di tutte queste problematiche, sembra lecito chiedersi se il materiale che compare nella tradizione manoscritta di Ateneo fra φησί e ἀκούσματα fosse o meno, nelle intenzioni del Naucratita, una citazione letterale, come pare essere la sezione seguente: se è così, è evidente che il verso ci è giunto corrotto, benché alcuni elementi conservino forse la forma originale, fra cui certamente φιλόμουσον e forse πάνυ (che l’avverbio chiudesse il trimetro precedente a ἀκούσματ’-ἀεί è verosimile: Menandro, infatti, lo usa spesso in fine di verso). Si può anche pensare, tuttavia, che Ateneo, interessato soprattutto al tema del rapporto fra musica e τρυφή che emerge nel trimetro giuntoci intatto, intendesse citare letteralmente solo quello, e che nella parte precedente egli abbia ripreso, parafrasandoli e magari sintetizzandoli, solo alcuni degli elementi che in Menandro comparivano al verso precedente (o addirittura nei versi precedenti).
Un ulteriore problema è legato alla particella τε. Essa compare come quarto elemento nel trimetro, ma si ritiene generalmente che coordini ciò che precede ἀκούσματα con il trimetro stesso: ne consegue che ἀκούσματα sarebbe legato sintatticamente a ciò che segue, come complemento oggetto di παιδεύεσθαι (da intendersi, in questo caso, come medio transitivo) o accusativo di relazione legato allo stesso verbo (da intendersi, stavolta, come riflessivo), mentre la particella τε sarebbe scalata dalla usuale seconda posizione addirittura in quarta posizione. Questo fenomeno appare piuttosto eccezionale e non trova un’adeguata spiegazione nella trattazione di Denniston 1954, 515ss. Al problema si è tentato di ovviare integrando un’ulteriore forma verbale da cui far dipendere ἀκούσματα o trasponendo la particella; nell’ipotesi che il testo di Ateneo che segue φησί ci sia giunto così come l’autore intendeva, invece, pare difficile intendere ἀκούσματα in relazione a ciò che segue: esso sarà stato piuttosto legato a ciò che lo precede e dovrà dunque essere inteso, all’interno del testo di Ateneo, come un accusativo di relazione. Rimane incerta, invece, la sua funzione nel contesto originale.
Sembra naturale pensare che il φιλόμουσος descritto dalla persona loquens sia il citarista Fania, protagonista del Kitharistes. Il frammento potrebbe appartenere dalla parte iniziale della commedia: una presentazione indiretta di questo tipo, in cui si riportano le voci che circolano su Fania, avrebbe potuto ben adattarsi, infatti, a introdurre la prima comparsa del citarista sulla scena.
L’interpretazione del termine ἀκούσματα è discussa: negli unici altri due passi menandrei in cui ricorre (sempre al singolare), esso ha il significato di ‘suono, voce, notizia’ (Mis. 568, e in fr. 825 Κ-A); dato il contesto, tuttavia, sembra naturale metterlo in relazione con l’ambiente dei musicisti e dell’intrattenimento musicale. Alcuni studiosi hanno dunque proposto che con ἀκούσματα si alluda agli ‘allievi’ del citarista, altri alla sua musica. La diversa interpretazione di ἀκούσματα si ripercuote anche sul valore attribuito all’infinito, medio transitivo (‘istruire’) in un caso, riflessivo (‘istruirsi’, e dunque ‘esercitarsi’) nell’altro. Martina rende «(si dice) che sia amante della musica e istruisca musicisti per il diletto» (Martina III, p. 467); Coppola, d’altra parte, intende «(si dice) che sia amante della musica e sempre si eserciti nella musica sensuale» (Coppola 1938, p. 28). Entrambe le interpretazioni sono potenzialmente coerenti con ciò che sappiamo riguardo al personaggio di Fania, che svolgeva probabilmente una doppia attività di suonatore professionista di kithara e di insegnante di musica (una chiara allusione all’attività di insegnante del protagonista è presente in fr. 7, 2 Dardano, dove egli è chiamato διδάσκαλος). Il LSJ interpreta ἀκούσματα come accusativus rei in dipendenza dal verbo passivo («to be taught a thing»): così anche Sandbach 1973 («but the middle ‘caused to be trained’ not absolutely excluded»). L’interpretazione di Martina, accolta da Blanchard, poggia invece su un’osservazione di Körte-Thierfelder 1959, p. 284: «…dominus scilicet nescioquis φιλόμουσος narratur sibi deliciarum causa erudiendos curare fidicines, psaltrias etc., quod genus hominum vel ἀκροάματα vel ἀκούσματα vocari satis constat». Con ἀκούσματα si farebbe riferimento, dunque, ai musicisti allievi di Fania. Il passaggio dall’astratto al concreto al plurale è in effetti attestato per ἀκρόαμα, -ατος che vale normalmente «anything heard, esp. with pleasure, piece read, recited, played or sung», ma al plurale ha anche il significato di «lecturers, singers, or players, esp. during meals» (LSJ); è vero, inoltre, che le fonti lessicografiche registrano ἀκούσματα come sinonimo di ἀκροάματα (vd. Thom.Mag. α 6, 16, Sud. α 994, 3, Et.Sym. 194, 21). Da qui, probabilmente, l’idea di Körte-Thierfelder secondo cui ἀκούσματα, come ἀκροάματα, potrebbe indicare «fidicines, psaltrias» e musicisti in genere. Questa accezione, tuttavia, non ha attestazioni sicure. ἀκούσματα è consistentemente associato a termini astratti (vd. e.g. Arist. EN 1174b, X. De re eq. IX 4, 3, Plu. Per. 1, 2, Mor. 457c, 519f); l’associazione fra ἀκούσματα e ἀκροάματα a cui fanno riferimento i lessici, del resto, potrebbe limitarsi al significato astratto che entrambi i termini indubbiamente hanno al plurale (per il significato astratto di ἀκροάματα vd. e.g. Arist. EN 1173b e X. Smp. II 3). Che con ἀκούσματα si possa alludere ai musicisti istruiti da Fania, in conclusione, non sembra supportato dalle fonti: esso dovrà essere inteso, invece, nel astratto di ‘musica’, ‘intrattenimento musicale’.
Nonostante le incertezze sintattiche di cui si è detto, è verosimile che il v. 2 contenga una nota polemica: εἰς τρυφήν παιδεύεσθαι sembra infatti voler ribaltare, con una sorta di aprosdoketon, espressioni come παιδεύεσθαι εἰς τέχνην τινά (X. Mem. II 1, 17) e παιδεύειν τινὰ εἰς ἀρετήν (Pl. Grg. 519e, ma cfr. anche espressioni equivalenti con il verbo παιδεύω costruito con πρὸς ἀρετήν, come accade in Pl. R. 492e, e ἐπʼἀρετήν, come in X. Cyn. 13, 3). Non è chiaro in relazione a quale aspetto della formazione musicale di Fania sia chiamata in causa la τρυφή. Da Plu. Dem. IV 6, 4 si apprende che le composizioni dell’auleta Batalo erano giudicate da alcuni τρυφερὰ καὶ παροίνια: in questo caso, però, è probabile che l’aggettivo nasconda un riferimento alla presunta omosessualità del musicista (cfr. Harp. 72, 3 s.v. Βάταλος; Lib. Arg.D. 1, 5; Luc. Ind. 23; vd. in proposito Recchia 2022). Non c’è motivo di credere, tuttavia, che sospetti di questo genere potessero riguardare anche Fania. Pare, d’altra parte, che il ricco e sofisticato citarista fosse malvisto da alcuni dei personaggi della commedia, inclini a considerarlo presuntuoso e vanesio (cfr. fr. 9, fr.dub. 14 e fr. 7, 1-4): è forse a questo che si fa riferimento parlando di τρυφή. Si può sospettare, inoltre, che il giudizio riportato dalla persona loquens riguardasse, oltre alla persona di Fania, anche il tipo di musica da lui eseguita (e probabilmente anche composta), sullo stile della nota polemica aristofanea contro le degenerazioni della ‘nuova musica’ e del nuovo ditirambo (cfr. in proposito Dobrov-Urios-Aparisi 1995): i frammenti superstiti della commedia, tuttavia, non offrono nessun indizio in proposito.
[Edizione di riferimento]
R. KASSEL – S. SCHRÖDER, Poetae comici graeci, VI.1: Menander. Dyskolos et fabulae quarum fragmenta in papyris membranisque servata sunt, Berolini 2022; V. DARDANO, Menandro. Il Citarista. Edizione critica, traduzione e commento, in corso di stampa.
[Bibliografia essenziale]
C. AUSTIN, Menander: Eleven Plays, Cambridge 2013; W. G. ARNOTT, Menander, II, Cambridge, MA 1996; A. BLANCHARD, Ménandre, III: Le Laboureur; La Double Tromperie; Le Poignard; L’Eunuque; L’Inspirée; Thrasyléon; Le Carthaginois; Le Cithariste; Le Flatteur; Les Femmes qui boivent la ciguë; La Leucadienne; Le Haï; La Périnthienne, Paris 2016; G.W. DOBROV – E. URIOS-APARISI, The Maculate Music: Pherecrates and Comedy’s Evolving Response to the Dithyramb, in G.W. DOBROV (ed.), Beyond Aristophanes. Transition and Diversity in Greek Comedy, Atlanta 1995, 164-174; A. W. GOMME – F. H. SANDBACH, Menander. A Commentary, Oxford 1973; A. MARTINA, Menandrea. Elementi e strutture della commedia di Menandro, III, Pisa-Roma 2016; M. RECCHIA, Beffeggiare il musicista: auleti e citarodi di V-IV secolo nella commedia attica, in A. GOSTOLI – B. ZIMMERMANN (edd.), Nuove volute di versi: poesia e musica nella commedia greca di V e IV secolo a. C., Göttingen 2022, 173-198.
[Parole chiave]
Menandro, Kitharistēs, commedia, Nea, Ateneo di Naucrati, mollezza
[Valentina Dardano]