[Autore] Antifonte (480-411 a.C.)

[Opera] De choreuta 11-15

[Luogo dell’opera] Atene

[Tipologia] 

[Periodo] 450–400 BC

[Testo]

[11] Ἐπειδὴ χορηγὸς κατεστάθην εἰς Θαργήλια καὶ ἔλαχον Παντακλέα διδάσκαλον καὶ Κεκροπίδα φυλὴν πρὸς τῇ ἐμαυτοῦ, [τουτέστι τῇ Ἐρεχθηίδι], ἐχορήγουν ὡς ἄριστα ἐδυνάμην καὶ δικαιότατα. Καὶ πρῶτον μὲν διδασκαλεῖον <ᾗ> ἦν ἐπιτηδειότατον τῆς ἐμῆς οἰκίας κατεσκεύασα, ἐν ᾧπερ καὶ Διονυσίοις ὅτε ἐχορήγουν ἐδίδασκον· ἔπειτα τὸν χορὸν συνέλεξα ὡς ἐδυνάμην ἄριστα, οὔτε ζημιώσας οὐδένα οὔτε ἐνέχυρα βίᾳ φέρων οὔτ’ἀπεχθανόμενος οὐδενί, ἀλλ’ὥσπερ ἂν ἥδιστα καὶ ἐπιτηδειότατα ἀμφοτέροις ἐγίγνετο, ἐγὼ μὲν ἐκέλευον καὶ ᾐτούμην, οἱ δ’ἑκόντες καὶ βουλόμενοι ἔπεμπον. [12] Ἐπεὶ δὲ ἧκον οἱ παῖδες, πρῶτον μέν μοι ἀσχολία ἦν παρεῖναι καὶ ἐπιμελεῖσθαι· ἐτύγχανε γάρ μοι πράγματα ὄντα πρὸς Ἀριστίωνα καὶ Φιλῖνον, ἃ ἐγὼ περὶ πολλοῦ ἐποιούμην, ἐπειδή περ εἰσήγγειλα, ὀρθῶς καὶ δικαίως ἀποδεῖξαι τῇ βουλῇ καὶ τοῖς ἄλλοις Ἀθηναίοις. Ἐγὼ μὲν οὖν τούτοις προσεῖχον τὸν νοῦν, κατέστησα δὲ ἐπιμελεῖσθαι, εἴ τι δέοι τῷ χορῷ, Φανόστρατον, δημότην μὲν τουτωνὶ τῶν διωκόντων, κηδεστὴν δ’ἐμαυτοῦ, ᾧ ἐγὼ δέδωκα τὴν θυγατέρα, καὶ ἠξίουν αὐτὸν <ὡς> ἄριστα ἐπιμελεῖσθαι· [13] ἔτι δὲ πρὸς τούτῳ δύο ἄνδρας, τὸν μὲν Ἐρεχθηίδος Ἀμεινίαν, ὃν αὐτοὶ οἱ φυλέται ἐψηφίσαντο συλλέγειν καὶ ἐπιμελεῖσθαι τῆς φυλῆς ἑκάστοτε, δοκοῦντα χρηστὸν εἶναι, τὸν δ’ἕτερον…, τῆς Κεκροπίδος, ὅσπερ ἑκάστοτε εἴωθεν ταύτην τὴν φυλὴν συλλέγειν· ἔτι δὲ τέταρτον Φίλιππον, ᾧ προσετέτακτο ὠνεῖσθαι καὶ ἀναλίσκειν εἴ τι φράζοι ὁ διδάσκαλος ἢ ἄλλος τις τούτων, ὅπως <ὡς> ἄριστα χορηγοῖντο οἱ παῖδες καὶ μηδενὸς ἐνδεεῖς εἶεν διὰ τὴν ἐμὴν ἀσχολίαν. [14] Καθειστήκει μὲν ἡ χορηγία οὕτω. Omissis [15] Πρῶτον μὲν οὖν ἀποδείξω ὑμῖν ὅτι οὔτε ἐκέλευσα πιεῖν τὸν παῖδα τὸ φάρμακον οὔτ’ἠνάγκασα οὔτ’ἔδωκα καὶ οὐδὲ παρῆ ὅτ’ἔπιεν. Καὶ οὐ τούτου ἕνεκα ταῦτα σφόδρα λέγω, ὡς ἐμαυτὸν ἔξω αἰτίας καταστῆσαι, ἕτερον δέ τινα εἰς αἰτίαν ἀγαγεῖν· οὐ δῆτα ἔγωγε, πλήν γε τῆς τύχης, ἥπερ οἶμαι καὶ ἄλλοις πολλοῖς ἀνθρώπων αἰτία ἐστὶν ἀποθανεῖν· ἣν οὔτ’ἂν ἐγὼ οὔτ’ ἄλλος οὐδεὶς οἷός τ’ἂν εἴη ἀποτρέψαι μὴ οὐ γενέσθαι ἥντινα δεῖ ἑκάστῳ…

[Traduzione]

[11] Quando fui eletto corego per le Targelie ed ebbi in sorte Pantacle come istruttore e la tribù Cecropide oltre alla mia (cioè all’Eretteide), adempivo il mio ufficio nel modo migliore e più giusto che potessi. In primo luogo, sistemai la scuola nella parte più adatta della mia casa, la stessa che avevo adibita a questo fine quando ero stato corego per le Dionisie. Poi formai il coro come meglio potevo, senza multare nessuno, senza strappare pegni a forza, senza farmi alcun nemico, ma col massimo gradimento e la massima convenienza delle due parti io ordinavo e chiedevo e i genitori m’inviavano i figli di buona voglia e con piacere. [12] Una volta venuti i ragazzi, in principio non avevo tempo di stare lì ad occuparmene; ero allora impegnato in azioni legali contro Aristione e Filino e ci tenevo molto, poiché avevo intentato loro un’eisangèlia, a sostenere le mie accuse in modo conveniente e giusto davanti alla Bule e agli altri Ateniesi. Dovendo badare a ciò, stabilii che provvedesse ai bisogni del coro Fanostrato, compagno di demo di questi miei accusatori, mio parente acquisito (gli ho dato in moglie mia figlia); e lo pregai di occuparsene nel miglior modo possibile. [13] Oltre a Fanostrato nominai due altri, Aminia della tribù Eretteide, che i suoi compagni di tribù avevano designato ogni volta per l’allestimento e l’istruzione dei cori – godeva fama di persona onesta -, e il secondo… della tribù Cecropide, che regolarmente allestiva il coro della sua tribù; e ad essi aggiunsi come quarto Filippo, che aveva l’incarico di fare gli acquisti e le spese su indicazione dell’istruttore o dei suoi colleghi, perché i ragazzi fossero preparati il meglio possibile e non mancassero di nulla a causa della mia assenza. [14] Al mio ufficio di corego adempivo così. [15] In primo luogo, dunque, vi proverò che non ordinai al ragazzo di bere la pozione né lo costrinsi né gliela diedi e neppure fui presente quando la bevve. E se nego energicamente ciò, non lo faccio per mettere fuori causa me ed incriminare qualcun altro; no di certo, a meno che non si tratti della sorte che, penso, molte volte ha causato la morte di un uomo, e a cui né io né alcun altro sarebbe in grado d’impedire di compiersi com’è stabilito per ciascuno. (trad. M. Marzi)

[Commento]

Il cliente di Antifonte è un ateniese facoltoso nominato corego per le Targelie, che nell’orazione si difende dall’accusa di omicidio involontario ai danni di un coreuta, morto nel suo didaskaleion dopo aver assunto una pozione per migliorare la voce. Nel passo egli fa riferimento all’incarico di corego, all’assunzione di un didaskalos per il coro e all’abbinamento delle tribù per la partecipazione alla gara ciclica. È noto che, ai tempi del processo (419 o 412 a.C.), la nomina a corego competeva all’arconte eponimo; il fatto che l’agone fosse affidato a lui e non all’arconte basileus, l’autorità religiosa più importante, fa supporre che le Targelie siano un’aggiunta tarda a una festa molto antica (vd. Wilson 2000, 33). La conferma di ciò è chiaramente fornita dall’Ath. Pol. (3, 2-3), anche se la prassi subì una sostanziale modifica nel secolo successivo, come risulta ancora da Aristotele (ved. scheda e commento ad Ath. Pol. 56, 3).

Per l’assegnazione del didaskalos e l’abbinamento della sua tribù alla Cecropide, l’imputato usa il verbo ἔλαχον, dal quale si deduce che entrambe le operazioni erano eseguite mediante un sorteggio, su cui occorrono, però, delle precisazioni. Per quanto riguarda il sorteggio del maestro di coro, è piuttosto probabile che esso non consistesse nell’estrazione del suo nome, ma dell’ordine secondo cui il corego lo avrebbe poi scelto (vdd. Pickard-Cambridge 1996, 104-105 e Wilson 2000, 68). Il maestro toccato al nostro fu Pantakles, che era anche poeta; nel V a.C., infatti, a istruire i cori erano in genere gli stessi poeti, che insegnavano ai coreuti musica e testo da loro composti e per le Targelie questo potrebbe valere fino al 419 a.C. con Pantakles, appunto. La figura dell’istruttore, però, perse a poco a poco la prerogativa di compositore, com’è confermato dal fatto che su circa dodici maestri esibitisi alle Targelie tra V e II a.C. Pantakles è il solo didaskalos poeta (vd. Wilson 2007, 61). Per l’associazione delle tribù, il metodo dell’estrazione fu superato nel IV a.C., quando l’abbinamento divenne fisso per ovviare a oggettive difficoltà organizzative (vd. scheda ad Aristot. Ath. Pol. 56, 3).

Nel passo si parla anche dell’allestimento del didaskaleion, che il corego collocò in casa sua: i coreghi erano cittadini facoltosi, per cui non stupisce che la loro casa fosse tanto ampia da poter ospitare l’intero coro. L’indicazione di un numero che supera di poco le cinquanta unità riguardo alle persone presenti in casa del corego durante la fase di addestramento dei coreuti, inoltre, suggerisce che le Targelie prendevano a modello le Dionisie con i suoi cori di cinquanta elementi; dal rapporto poi che l’uomo aveva con i genitori dei coreuti e dal riferimento esplicito, poco oltre, ai παῖδες arrivati in casa sua e al funerale del παῖς deceduto si può dedurre che il coro fosse costituito da ragazzi. La scelta del corego di non specificare mai la categoria in cui il coro rientra porta alcuni a sostenere per la prima fase dell’agone l’esistenza della sola categoria di ragazzi, supposizione che sarebbe confermata anche dall’epigrafia (vd. Ieranò 1997, 241), dove la menzione del tipo di coro diventa la regola solo nel IV a.C. Il silenzio di Antifonte sulla categoria degli uomini potrebbe però essere imputato a diverse ragioni, quindi non va preso come prova della loro esclusione dalla gara (vd. Della Bona 2024, 80-81).

[Edizioni di riferimento]

L. GERNET, Antiphon. Discours, Paris 1923 (repr. 1965); K.J. MAIDMENT, On the Choreutes, Minor Attic orators, vol. I, Cambridge 1941-1954.

[Bibliografia essenziale]

P. AMANDRY, ‘Trépieds d’Athenes: I. Dionysies’, BCH 100, 1977, 15-93; C. BOTTIN, ‘Étude sur la chorégie dithyrambique en Attique jusqu’à l’époque de Démétrius de Phalère (308 avant J.-C.)’, Rev. Belg. Philol. Hist. 9, (3-4), 1930, 749-782; E. CSAPO-W.J. SLATER, The Context of Ancient Drama, Ann-Arbor-Michigan 1995; G. IERANÒ, Il ditirambo di Dioniso, Pisa-Roma 1997; M.E. DELLA BONA, ‘L’allestimento dei cori negli agoni ateniesi tra V e IV secolo: l’esempio delle Targelie’, FAEM n.s. 6.2, 2024, 63-95; G. IERANÒ, ‘“One who is Fought over by all the Tribes”: The Dithyrambic Poet and the City of Athens’, in B. Kowalzig-P. Wilson (eds.) Dithyramb in Context, Oxford, 2013, 368-386; A.W. PICKARD-M.A. CAMBRIDGE, Le feste drammatiche di Atene, trad. it. di A. Blasina, Firenze 1996; D.M. PRITCHARD, ‘Kleisthenes, Participation, and the Dithyrambic Contests of Late Archaic and Classical Athens’, Phoenix 58, 3/4, 208-228; I.E. STEPHANES, Dionysiakoi technitai, Herakleio 1988; P. WILSON, The Athenian Institution of the Khoregia, Cambridge 2000; P. WILSON, The Greek Theatre and Festivals: Documentary Studies, New York 2007.

[Parole chiave]

Corego, coro di ragazzi, coro di uomini, didaskaleion, didaskalos, sorteggio, tribù

[Maria Elena Della Bona]